INFORMAZIONE E ARTE: EDUCARE PER CRESCERE
A cura di Ilaria Solazzo
Abbiamo deciso di incontrare Gianfranco Sciscione, imprenditore visionario e figura di spicco nel panorama televisivo italiano, per approfondire con lui i profondi cambiamenti che hanno investito il mondo della TV, dell’informazione e della cultura negli ultimi decenni.
Oltre alla sua esperienza imprenditoriale, Sciscione è anche autore del libro “Il Grande Sogno – Il ragazzo che sognava la televisione”, scritto a quattro mani con Piermaria Cecchini e oggi disponibile su tutti gli store online e nelle migliori librerie. Un’opera che non è solo un racconto autobiografico, ma anche una riflessione sulla passione, la determinazione e la visione che hanno guidato il suo percorso, dal sogno giovanile alla realizzazione di una vera e propria rete televisiva.
In un’epoca in cui l’informazione corre veloce e l’intrattenimento rischia di perdere contenuto, abbiamo voluto ascoltare la voce di chi ha costruito una carriera credendo nella forza della comunicazione, nella cultura come valore e nella necessità di educare il pubblico non solo a ciò che guarda, ma anche a come lo guarda.
Una conversazione ricca di spunti, visioni e riflessioni su ciò che è stato, su ciò che è e – soprattutto – su ciò che potrebbe essere.
Dott. Sciscione, partiamo con una domanda ampia: come è cambiato secondo Lei il mondo della televisione negli ultimi vent’anni?
Buongiorno a Lei gentilissima Ilaria. Il cambiamento è stato profondo, direi quasi strutturale. Un tempo la televisione era il centro nevralgico dell’informazione e dell’intrattenimento. Oggi, con l’avvento delle piattaforme digitali, dei social e della fruizione on demand, il pubblico ha una scelta molto più ampia, ma anche più dispersiva…secondo alcuni. È cambiato il modo in cui si consuma il contenuto, ma soprattutto è cambiato il modo in cui lo si percepisce.
Con questo cambiamento di fruizione, secondo Lei è aumentata o diminuita la qualità dell’informazione?
La quantità è aumentata esponenzialmente, ma la qualità è diventata più difficile da intercettare. L’informazione oggi è frammentata, spesso polarizzata, e facilmente manipolabile. Per questo è fondamentale educare il pubblico a riconoscere le fonti affidabili ed a distinguere l’informazione giornalistica dal contenuto d’opinione o dalla disinformazione vera e propria.
Lei ha sempre sostenuto che l’educazione all’informazione dovrebbe partire dalle scuole. Ci spiega meglio questo concetto?
Assolutamente sì. Così come educhiamo i ragazzi alla matematica o alla storia, dovremmo insegnare loro a “leggere” l’informazione. Saper analizzare un titolo, verificare una fonte, capire il linguaggio utilizzato: sono competenze fondamentali nella società contemporanea. Non si tratta solo di saper usare la tecnologia, ma di saperla interpretare.
E in questo contesto, quale ruolo ha la televisione pubblica?
La televisione pubblica ha un’enorme responsabilità. Deve offrire contenuti che siano non solo accessibili, ma anche culturalmente elevanti. Deve essere un punto di riferimento, non solo per l’attualità, ma anche per la formazione culturale del Paese. La sua funzione pedagogica, se vogliamo usare un termine antico, è oggi più attuale che mai.

Oggi si parla molto di “infotainment”. Ritiene che sia un rischio o un’opportunità?
Dipende da come viene gestito. Se l’informazione viene “spettacolarizzata” a scapito dell’approfondimento, allora diventa un rischio. Ma se l’intrattenimento viene usato come veicolo intelligente per avvicinare il pubblico a temi complessi, allora può essere una grande opportunità. Anche qui, la differenza la fa la qualità editoriale.
Passiamo al tema dell’arte. Secondo Lei l’arte ha ancora un ruolo centrale nella formazione del cittadino?
Non solo ha un ruolo centrale, ma dovrebbe averne uno ancora più forte. L’arte, intesa in senso ampio – dalla pittura alla musica, dal teatro al cinema – è uno strumento potentissimo di crescita personale e collettiva. È attraverso l’arte che impariamo a guardare il mondo con occhi diversi. Per questo è importante renderla accessibile e comprensibile a tutti, non solo a chi ha già gli strumenti per apprezzarla.
In un panorama mediatico dominato dalla velocità, come si può valorizzare l’arte?
Bisogna trovare nuovi linguaggi, senza però svilirne il contenuto. La sfida è comunicare la bellezza in modo diretto ma non banale. L’arte non deve diventare intrattenimento vuoto, ma deve saper dialogare con i linguaggi contemporanei. E anche qui la televisione, così come il web, può avere un ruolo fondamentale.
Lei ha parlato spesso pubblicamente di “alfabetizzazione culturale”. In cosa consiste, concretamente?
È un processo che riguarda tutti, non solo i giovani. Significa fornire gli strumenti per comprendere ciò che ci circonda: dalle notizie che leggiamo, alle immagini che vediamo, fino ai simboli culturali che incontriamo ogni giorno. Alfabetizzare non vuol dire semplificare, ma rendere accessibile senza perdere profondità.
Infine, qual è il suo auspicio per il futuro dell’informazione e dell’arte in Italia?
Mi auguro un futuro in cui la qualità venga nuovamente percepita come un valore. In cui il pubblico sia educato, curioso, critico. E in cui i media, in tutte le loro forme, si assumano la responsabilità di contribuire a una società più consapevole, più colta e più libera. L’informazione e l’arte non sono un lusso: sono il fondamento di ogni democrazia matura.
Ascoltare Gianfranco Sciscione è come aprire una finestra su un mondo fatto di sogni, visione e responsabilità. In un’epoca in cui l’informazione spesso si confonde con il rumore e l’intrattenimento rischia di diventare vuoto, la sua voce ci ricorda quanto sia fondamentale tornare all’essenza: formare, educare, ispirare.
La televisione, l’informazione, l’arte: non sono solo strumenti, ma luoghi di crescita collettiva, che richiedono cura, coscienza e coraggio. Coraggio di investire nella qualità, di credere nella cultura, di sfidare la superficialità con contenuti che lascino il segno.
“Il Grande Sogno” non è solo il titolo del suo libro, ma anche un invito implicito a tutti noi: non smettere di credere in un futuro in cui il sapere, la bellezza e l’etica comunicativa tornino al centro del dibattito pubblico. Un sogno grande, sì — ma quanto mai necessario.
